I visionari
Tutto ebbe inizio 50 anni fa.
Gordon Moore formulò la congettura che la nuova tecnologia della fotolitografia su silicio avrebbe permesso di aumentare la densità dei componenti in modo esponenziale per un numero indefinito di anni.
Alla Stanford University furono aperti due laboratori di ricerca di Computer Science: da una parte quello di Douglas Engelbart, che ipotizzava di aumentare le capacità umane attraverso l’uso di strumenti di calcolo personali, dall’altra John McCarthy che immaginava un’intelligenza artificiale che travalicasse quella umana.
J.C.R. Licklider prima e Lawrence Roberts poi, numi tutelari dell’Information Processing Technology Office del DARPA, immaginarono una rete informatica globale a cui fosse possibile collegare un giorno, in “wireless”, anche dispositivi personali.
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50 anni dopo…
Fast-forward ai giorni nostri.
La “legge di Moore” sembra continuare a funzionare, cambiano tutti i termini, ma assistiamo ancora a una crescita esponenziale della potenza dei sistemi di elaborazione.
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Oltre un miliardo e mezzo di umani vive in simbiosi con un calcolatore personale, detto “smartphone”, con interfaccia multimediale e connessione permanente con una rete globale e dipende da esso per comunicare con gli altri umani, per esprimere le proprie emozioni o esperienze, per scegliere dove andare, mangiare, dormire, fare acquisti e pagarli, informarsi sul mondo e sulla propria community, decidere chi votare.
Il futuro
Gli occhi dei visionari brillavano immaginando un futuro dove si sarebbe vissuto più pienamente, dove, con l’aiuto dell’informatica, avremmo potuto aumentare le nostre capacità intellettuali.
Non sappiamo dove andrà questo mondo sospeso tra fisico e immateriale, sappiamo solo che sta andando sempre più velocemente.
Parafrasando Clemenceau: [il mondo del digitale] “è una faccenda troppo seria per essere lasciata ai soli tecnologi”.